destionegiorno
Nato in Sicilia nell'oramai lontano 1954, ho vissuto a Torino dal febbraio 1982, anno in cui ho cominciato a scrivere. E', per me, irrefrenabile, la necessità di tradurre in poesia le forti emozioni che la vita mi regala. Espongo il mio pensiero nel modo in cui mi si presenta. Quasi sempre di getto. ... (continua)
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Ch’il puro candor sentiva
mentre al sol levava l’occhi
e le case di bianco vestite.
M’ergevo d’immenso,
c’accoglievo, ora, il silenzio.
Ch’ella... leggi...
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Accarezzata dal vento amico
s’affaccia a grida d’uccelli migratori
anch’essi in cerca dei lidi promessi.
Verde di prati, bianca di scogliere,
azzurra di mare e di cielo.
E’ la terra dei focolari festosi e dei valori,
dai profumi perduti e mai... leggi...
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Il tempo ignora d’umani prodighi al dono,
ma forse, ancora, la Fonte l’attende.
Per gorghi, il perdono, s’affaccia,
a costoro, c’avulsi, s’accingono.
Stormi di baluardi s’arrendono all’are,
ove, ad attenderli, antichi ricordi.
Profusi... leggi...
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Dal mio peregrinar c’accoglie,
attimi d’attesa che, da lungi, oramai,
colgo l’ardente gelido morso d’una notte.
Sicché al calar del rossore diurno, avido,
mi specchio, in un increspare d’onda.
Ed eccomi a te, igniudo d’anima
e d’antica speme... leggi...
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Al volgere del vespro e prima dell’aura funesta,
nel mentre d’immensa beltà gioiva l’aere,
un raggio di sole colse il tuo respiro.
Smisi d’esser figlio, che m’eri ancora mamma,
sicchè, d’ignaro stupor serena,
addio, cercami, sarò là dove mi... leggi...
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Amo schiuderti d’ignaro e di gemme,
c’anch’io in te, nell’appagarti,
in un vortice di passione e corpi fusi.
Ch’indomito, giacendo in te,
m’esalto nel volare alto,
per, poi, rifuggiarmi la dove tutto è vita.
Ah! avido Morfeo, c’al levar del... leggi...
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Plumbei recaronsi ove giammai dignità,
pervasi da turbamenti d’oscuro.
Orde morbose dettero saggio d’insano
e perduto, di se, sin’anco il rispetto,
d’assurdo vestirono attimi avulsi.
Nemmanco il rispetto pel Dono negato
e l’adolescenza rubata... leggi...
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Poeta Mario Arena
Le sue 195 poesie
È lento l’incedere del tempo
e dell’umano saper di sé.
S’effondono spruzzi di speme,
c’anch’essi da lungi s’avvertia il desio,
sicché spesso l’inconscio è sovrano sull’io.
Acre l’idillio dei sensi
laddove s’àncora il cor del tormento,
nel
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M’attraversa,
inaspettata e violenta,
è luce che svela.
Di trasparenza ignorata
godo, ovvero m’intingo, adesso.
È stupore infinito d’audacia,
c’al poco, d’infida cagion d’altrui,
nulla è concesso.
Indugio, ora, mi cingo d’attesa
e
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Persino il frastuono è pace,
nelle valli all’umani donate.
Ed ai fiumi ricondotti all’argine,
la gratitudine della terra devastata,
s’appaga nell’impotenza dell’uomo.
Dai sepolcri, esonda un pensiero,
c’assale e pervade li spirti,
in quei lidi
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Scopro la gioia di reinventami
nel guardare i mille volti della vita,
che ridisegna per me il futuro.
Sento d’esserti accanto sempre,
come tu lo fosti per me,
a dispetto del mondo che si negava.
Rinnovata d’antica speme, luce di spazi inattesi
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Oggi ho parlato al suo cuore
era davvero disperatamente sola.
Ho sfiorato quel senso di vuoto,
sul suo volto scolpito,
dall’allinsonne passato che toglie il respiro.
Ti ho atteso tanto, mi disse
ed io che non sapevo,
ma soprattutto non volevo,
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Mi inebrio di cotanta gioia
nel dono di un giorno a noi noto.
Pel desio di un amore fraterno
oggi una stella a New York.
Nel quarantesimo di un di fortunato
Vedon la luce i progetti di tutta una vita,
ed un sogno si avvera.
Son loro a far
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Colgo l’unicità d’attimi intensi
ed un sapore d’amore, d’infinito, m’intinge.
M’esalta il mare di notte
quando l’azzurro si veste d’argento
e l’ultimi allunghi infuocati toccano il cuore.
S’odono armonie,
laddove l’antico possiede il
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E l’animo s’ebbe a chetare
lontano dall’astanti grifagni.
M’approprio d’antico e di solitude
nel cogliere ciò ch’il buon Dio
pria ch’io fossi, in dettame.
Fronde d’umani e d’un ricco sentire, scorgevo,
dal ridestar al calar del rossore
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Taglia il respiro senza pietà,
s’appropria d’ogni spazio vitale
e distrugge nell’intimo chi ama davvero.
E’ una silente violenza
che grida un tristo perché.
Pago, ora, col silenzio, il ricatto,
s’erge e non prevede diritti,
ma soltanto succube
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Giammai l’ostil risolcherò
ch’in’ante il ritorno al natio ebbi a sognare,
giacché a ritroso, a rinvigorir, mi volgo.
Vi lascio al fastidioso avvicendarsi,
ch’il cor del vostro tristo incedere, detta.
Nemmanco a rivisitar sarò perduti lidi
a
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Son venuto alla tua ultima,
vestito d’infanzia, pei troppi Natali,
promessi e disattesi.
Con l’infinito negli occhi,
l’immancabile rivolo, celava,
l’innocenza ch’il tempo gli ascrisse.
Così ogn’anno, silente,
quel solco profondo,
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Dal tempo largite, d’Egli il disegno,
s’apprestano commensali approdi,
ove s’odono mietiture d’oro e d’argento.
Aromi s’infrangono d’un vento amico,
sull’ali di colori e note festose.
Del sole s’odono calde fragranze,
c’al ridestar del rossore
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Il mare ha voluto la mia serenità
e nel suo confuso affastellar memorie,
ha doppiato i miei approdi.
Celati progetti d’insieme,
d’antico vestiti han trovato gli abissi.
Non v’è sentimento nella sete di vendetta,
e la solitudine dei
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Smarrisco lo guardo tra vette innevate
a valle manca il contatto.
Mi
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S’accompagna a compiaciuti ludibri
c’annullan, appena risorta, la speme.
S’avvale di vetusti retaggi,
e forte d’apparenti virtù,
serba, nel cuore, arroganza.
S’arrocca, s’aggrappa ed assurge,
accennando ad affetti d’anima pura
ed a presunti
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Poesie
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